Dopo tre anni è ben chiaro chi ha tradito
Tre anni fa il tradimento dei 5 stelle sancì l’oblio per le famiglie arcobaleno e i loro bambini. Ecco una parte dei miei dolorosi ricordi , presi dal mio libro “L’Italia che non c’era “ ed . Fandango
Il 9 febbraio si chiuse il dibattito generale mentre sulla tv di Stato impazzava Sanremo. Il primo Sanremo “arcobaleno”. Molti tra i cantanti e gli ospiti mostrarono infatti un simbolo arcobaleno per dirsi, visiva- mente, favorevoli a quanto stavamo facendo in Parlamento.
Ma un’altra burrasca si abbatteì sulla navigazione dell’arca: Grillo decise di lasciare libertaÌ di coscienza sulla adozione. E Ncd si dichiaroÌ pronto a votare la legge se fosse stata stralciata la stepchild.
Quella mattina si tenne un vertice a palazzo Chigi tra Renzi, Boschi, Zanda e Rosato: l’offerta di Alfano venne rifiutata, si decise di andare avanti, un cedimento del governo sarebbe stato percepito come una resa.
“Sulle adozioni decideraÌ l’aula con il voto segreto”, questo mi disse Zanda in una breve telefonata nella quale mi dava conto dell’accaduto. E poi aggiunse: “Anche il patto di limitare a 5 i voti segreti potrebbe saltare, Ncd potrebbe chiederne molti di piuÌ e la Lega non ha ancora ritirato i suoi 5500 emendamenti. Noi ovviamente manteniamo l’emendamento premissivo a firma Marcucci”. [ Era questo , l’emendamento permissivo , detto Canguro, a firma del Senatore Marcucci, il nostro strumento d’aula per cercare di salvare i punti principali del testo. ] Eravamo destinati a una navigazione perigliosa.Nella seduta pomeridiana del 10 febbraio Roberto Calderoli e altri 74 senatori avevano depositato la richiesta di non passare all’esame degli articoli e biso- gnava votarla. Una sorta di blocco preventivo per far saltare tutto e interrompere l’esame della legge per 6 mesi. Il presidente Grasso doveva, inoltre, dichiarare quali e quanti degli oltre 5550 emendamenti erano di- chiarati inammissibili o estranei per materia e quanti sarebbero stati sottoposti, se richiesto, a voto segreto.
Come ho giaÌ spiegato nel capitolo precedente sul voto segreto, che era stato richiesto anche per il non passaggio agli articoli, il presidente Grasso specificoÌ che “la votazione a scrutinio segreto non puoÌ essere concessa per il fatto che la disciplina delle formazioni sociali dove si svolge la personalitaÌ dell’individuo (e tra queste rientra senz’altro la famiglia non fondata sul matrimonio) trova il proprio fondamento costituzionale nell’articolo 2, che non eÌ ricompreso tra le disposizioni tassative per le quali il voto segreto puoÌ essere concesso”.
Su questo diniego parlarono i senatori Calderoli, Quagliariello e Malan sostenendo che la mia legge era un matrimonio camuffato e che, quindi, il voto segreto era legittimo. Ma alla cavalleria medievale mancava ancora qualcuno. ParloÌ il senatore Giovanardi annun- ciando che il giorno successivo avrebbe presentato, insieme ai senatori che avevano appena preso la parola, un ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione (ricorso poi respinto) per violazione dell’articolo 72, percheì il testo che stavamo esaminando in aula in commissione Giustizia non era stato approfondito neanche per un minuto. Poi proseguiÌ rivolto al presidente Grasso con una frase molto dolorosa e offensiva: “Presidente, ma lei ha ascoltato nel dibattito generale gli interventi dei colleghi che hanno spiegato, anche all’interno del Partito Democratico, che se passa questo testo cosiÌ formulato, in realtaÌ passa un istituto che si sovrappone a quello del matrimonio? Io mi domando se quando faceva il magistrato lo faceva cosiÌ! Negare l’evidenza vuol dire che il presidente non svolge il suo compito! Lei fa il servo sciocco della maggioranza e non tutela la minoranza!”.L’aula ribolliva. I medievali applaudivano il loro alfiere dell’insulto, la gran parte di noi chiedeva rispetto per il presidente Grasso e per l’istituzione Senato. Grasso suonoÌ la sua campanella per richiamare tutti all’ordine e alla compostezza. Poi, rivolto a Giovanardi, lo geloÌ con questa frase: “Senatore, le sue offese sono medaglie “
14 febbraio: San Valentino.
15 febbraio: il mio compleanno.
16 febbraio: inizio delle votazioni in Aula sugli emendamenti.
Trascorsi il fine settimana a casa in Toscana con l’iPhone perennemente attaccato alla presa elettrica. Non riuscivo a ricaricarlo per le troppe telefonate che ricevevo. In tanti, e ognuno nel suo ambito, cercavano di fare i conti su quanti voti avrebbe avuto l’emendamento premissivo [ ormai noto come Canguro Marcucci ]
Tanta, tantissima, fu la pazienza di Esterino che sopportava il mio nervosismo e le mie continue telefonate. La mia amarezza, ovviamente condivisa da molti altri colleghi, riguardava la spaccatura dentro il Pd voluta dall’area cattodem che pervicacemente si opponeva alla stepchild.
Eppure le unioni civili con l’adozione coparentale erano uno dei punti qualificanti del programma del Pd, un impegno preso con i nostri elettori e sottoscritto da noi parlamentari al momento della candidatura.
Non mi davo pace, avevo un pensiero fisso. Percheì i cattodem, pur renzianissimi, guidati al Senato dalla col- lega Di Giorgi, si esponevano cosiÌ contro il nostro se- gretario premier e contro l’approvazione di una legge che avrebbe riposizionato l’Italia in Europa?
Era chiaro che indebolire il Pd dall’interno fosse il miglior amo al quale far abboccare tutti gli altri Gruppi che avevano al loro interno qualche senatore dubbioso. Anche M5S non era immune da queste dinamiche. In quel fine settimana tutti i pontieri erano al lavoro. Nessuno di noi pensava che i numeri millantati dai cattodem fossero veri: che 30 senatori Pd votassero a voto palese contro Renzi era impossibile. Ma poicheì eravamo sul filo dei numeri e non ci fidavamo neanche della compattezza dei grillini, ogni dubbio andava fugato.
Arcigay aveva deciso di contattare tutti i senatori M5S per chiedergli di pronunciarsi pubblicamente sulle loro pagine social in merito al voto sul “canguro”.
In tanti inseguivano Airola in quei giorni (che penso siano stati pessimi per me, ma ancor di piuÌ per lui).
Non ho mai fatto grandi festeggiamenti per il mio compleanno, soprattutto, di recente, dopo i 50 anni. E cosiÌ fu anche quel 15 febbraio 2016. Decidemmo per una cenetta in famiglia, ma andammo fuori percheì non avevo voglia di cucinare quella sera.
Il mio telefono era rovente, il giorno dopo si votava il “canguro”. Cenammo in centro con Esterino e i ragazzi. Poi ci salutammo, io e lui tornammo a casa a piedi tenendoci per mano. Non era una serata fredda e neanche piovosa. Il cielo era limpido, con una bella mezza luna che appariva tra i tetti e le cupole del centro di Roma.
Proprio mentre attraversavamo Piazza Navona sentii un suono dal mio telefono, un sms di Alberto Airola: “Ok, stasera il mio gruppo di lavoro sul tuo ddl ha raggiunto ufficiosamente l’accordo di votare il Marcucci, sia integro che spacchettato… ovviamente mancheranno 2 o 3 voti nostri per la lettera f) sulla step, ma gli altri ci sono. Domattina abbiamo la riunione del Gruppo che ratificheraÌ la decisione… fino ad allora tienitelo per te. Mi raccomando, poi, domattina lo diremo noi ufficialmente… grazie in bocca al lupo anche a te”.Considerai quel messaggio un regalo di compleanno e la prova del leale rapporto umano che avevo costruito in due anni di lavoro con Alberto e pochi altri colleghi M5S. Ma fui costretta a ricredermi dopo neanche 24 ore.
MartediÌ 16 febbraio 2016 mi svegliai presto. Esterino mi preparò la colazione. […]
Quella mattina decisi di lavarmi i capelli. I miei ricci rispecchiano il mio umore e quel giorno erano particolarmente irrequieti; scelsi uno dei miei tailleur piuÌ vecchi ma anche piuÌ amati, un principe di Galles di Valentino, beige e marrone, con un sotto giacca color arancio, per illuminarlo un po’. […]
La seduta era fissata per le 16.30, l’ordine dei lavori prevedeva l’inizio delle votazioni degli emendamenti e, quindi, il voto del premissivo/canguro Marcucci. Nonostante cioÌ, arrivai in Senato in tarda mattina. Volevo parlare con Zanda e avere notizie in tempo reale sia sull’assemblea del gruppo di M5s, sia degli orientamenti dei cattodem sul “canguro”.
Prima di uscire di casa chiamai Sergio Lo Giudice, Loredana De Petris e Sesa Amici, concordammo di vederci a breve per fare il punto della situazione,
[…] poiché temevamo che alcuni pentastellati stessero facendo pressione per non votare il “canguro”.
Il fatto che Grillo avesse dichiarato che sul punto ci fosse libertaÌ di coscienza non faceva sperare nulla di buono.
Ci trovammo con Sergio e Loredana in una sala laterale all’aula di Palazzo Madama, appena li vidi raccontai loro, chiedendo riservatezza estrema, del messaggio positivo di Airola sul voto del “canguro”, ma Loredana mi geloÌ: “No, Monica, eÌ in corso la loro assemblea di Gruppo, si sentono urla fuori dalla porta, penso che siano spaccati e che la linea di Airola di sostegno all’emendamento stia andando in minoranza”.
Con Sergio ci scambiammo uno sguardo di terrore, sapevamo che non votare il premissivo avrebbe messo a rischio l’intera legge.
Decidemmo che ognuno di noi cercasse contatti e notizie per sapere cosa accadeva davvero dietro quella porta!
Ci rendemmo subito conto che la situazione si stava terribilmente complicando: nessuno rispondeva alle telefonate e ai messaggi… evidentemente “qualcuno” si stava muovendo da Milano, dalla Casaleggio e Associati, per piegare i senatori a un nuovo diktat. Solo di recente, leggendo il bellissimo libro della mia amica Vladimir Luxuria, Il coraggio di essere una farfalla (Piemme), ho aggiunto un’ulteriore spiegazione al doloroso tradimento di M5s su unioni civili e in particolare sul voto del “canguro”.
Vladimir racconta: “Nel caso della legge Cirinna’, per esempio, avrei potuto oppormi e fare una campagna contraria perchè le unioni civili non sono certo il matrimonio egualitario. Ho deciso invece di appoggiarla percheì mi sembra comunque un grande passo avanti. Il primo tratto di una strada che dobbiamo continuare a percorrere. In questo caso, un compromesso che ha permesso alle coppie omosessuali di ottenere grandi cose come la pensione di rever- sibilitaÌ, il diritto/dovere di assistenza, i diritti di successione. C’eÌ stato un gran discutere sul fatto che il M5s non abbia votato la legge per il cavillo tecnico del ‘super canguro’ in Senato (…) Quando si è saputo del veto che Grillo ha postato sul suo blog contro la step- child adoption, ho chiesto spiegazioni a Rocco Casalino, ufficio stampa del M5S. Mi ha spiegato che eÌ stato fatto un sondaggio interno sul loro elettorato che si era scoperto che la maggioranza era contraria. Questo spiega il dietrofront. Tutto il resto, come le accuse sulla modalitaÌ di approvazione del testo, sono il solito politichese vecchio e polveroso della Prima Repubblica”.Era quasi l’ora di pranzo, dall’assemblea del gruppo di M5s non filtrava alcuna notizia, solo urla!
Ero disperata e impaurita, volevo ancora sperare che la parola data valesse qualcosa e che il lavoro di oltre due anni non fosse bruciato in pochi attimi con un voto contrario. […]
Ci spostammo tutti nella stanza di Zanda dove trovammo per il governo la sottosegretaria alle Riforme Sesa Amici. Raccontai a Zanda ciò che sapevo e lui mi confermò che la sera prima aveva ricevuto anch’egli delle assicurazioni. Gli dissi, poi, come ultima ratio, che avevo anche tentato il pressing attraverso Rodotà e che ero in attesa di notizie da lui.
“Scusami Luigi – gli dissi – se non ti ho avvisato prima di chiamare; ho pensato che forse a lui daranno delle spiegazioni utili per capire cosa sta accadendo”.Luigi mi rispose rabbuiato: “Hai fatto bene, ma temo il peggio, le condizioni per un incidente ci sono tutte: il Pd diviso, la posizione di chiusura di Ncd, il governo in difficoltàÌ”.
Mentre ciascuno dei presenti commentava e aggiungeva qualche notizia, il mio telefono suonoÌ: era RodotaÌ. “Senatrice, sono desolato, devo dirle che purtroppo non rispondono al telefono neanche a me. Ho provato a sentire Milano, ma non mi hanno voluto parlare. Se avroÌ novitaÌ mi faroÌ risentire, buon lavoro.”
Riferii la telefonata e nello scoramento generale il gruppo lascioÌ la stanza di Zanda. Chi non aveva i crampi allo stomaco, come me, andoÌ a pranzo. Con Sergio facemmo un po’ di chiamate agli amici delle associazioni, poi avvisammo anche la segreteria del PD : ormai era chiaro che se moriva il “canguro” moriva anche la stepchild.La seduta del pomeriggio si apriÌ alle 16.30 con alcune schermaglie procedurali. A quell’ora comunque i banchi di M5S erano ancora vuoti, a riprova che il caos al loro interno continuava.
Mare grosso, vento forte, tuoni e fulmini: la tempesta perfetta esplose intorno alle 17.
Prese la parola il senatore Centinaio della Lega Nord: “Abbiamo presentato moltissimi emendamenti di merito. A noi questo provvedimento non piace. A noi non piace che non si rispetti l’articolo 29 della Costituzione, non vogliamo le adozioni per le coppie omosessuali, per noi la famiglia eÌ fatta da un uomo e una donna”.
La Lega era quindi disponibile a scendere da 5200 emendamenti a 580, pretendeva il ritiro contestuale del “canguro”. Ma quando fu detto ai leghisti che all’interno dei 580 emendamenti residui c’erano tanti “canguretti”, finalizzati a sopprimere ogni parte qualificante della legge, la risposta fu evasiva e strumentale.
Dopo il capogruppo della Lega parloÌ il senatore Quagliariello e affondoÌ il coltello nella piaga aperta e sanguinante del Pd, una ferita dolorosa, lacera e infetta, aperta dai cattodem sull’adozione coperantale.
Sollevando varie questioni costituzionali e regolamentari, concluse con una domanda al Presidente Grasso, domanda purtroppo condivisa da molti in Aula: “Come mai, a piuÌ di una settimana dall’inizio della discussione, non ha ritenuto necessario dichiarare l’inammissibilitaÌ e la improponibilitaÌ delle proposte emendative presentate in quest’Aula?”. Quagliariello concluse con un appello: “Chiedo che si discutano solo pochi emendamenti e che su questo si voti a scrutinio palese, ognuno di fronte alla propria coscienza”.
Poi fu la volta del senatore Schifani che pronunciò parole molto insidiose nella sua qualità di presidente del gruppo Ncd, e ancora di più come ex presidente del Senato sparando a zero sull’ammissibilità dell’emendamento Marcucci.
E subito dopo anche il presidente del gruppo di Forza Italia, il senatore Romani, si mise sulla stessa linea.
Quel “canguro” doveva morire.
Erano circa le 18.00 quando chiese la parola Luigi Zanda.
Pochi minuti prima dell’apertura della seduta, all’ingresso dell’Aula in un capannello nel quale, oltre a Zanda e me, c’erano Beppe Lumia e Ivan Scalfarotto, l’allora capogruppo di M5s ci aveva confermato che loro non avrebbero più votato l’emendamento premissivo.
Luigi spiegò quello che era accaduto dall’inizio: i lavori della Commissione dal marzo 2013, le audizioni, le modifiche da me apportate al testo pur di costruire consenso. Poi disse: “Ci sono dei Gruppi e dei parlamentari che vogliono questo disegno di legge e pensano che l’Italia ne abbia bisogno; ci sono dei Gruppi e dei senatori che questo disegno di legge non lo vogliono e intendono legittimamente fare tutto quanto eÌ nelle loro possibilitaÌ per impedire che l’Assemblea del Senato possa discutere e arrivare ad approvarlo”.Poi aggiunse: “Noi vogliamo questa legge. Pensiamo che sia una legge sui diritti, una legge che riconosce dei diritti che finora sono stati sottratti a una minoranza”.
Ero contenta di sentire le parole di Luigi, parole che mi fecero capire che, davvero, mi ero spinta al punto di “non ritorno”. Finalmente in Parlamento era chiaro che non sarebbe piuÌ stato possibile “decidere di non decidere”.Poi entrò nel merito della questione: “La Lega ha dichiarato di voler ritirare 4500 emendamenti. Dei 600 residui, ne ha lasciati più di 150 che hanno analoghi effetti dell’emendamento Marcucci. Viene chiesto al Partito Democratico di levare di torno il proprio emendamento da parte di un Gruppo che ne ha numericamente 200 volte in piuÌ dei nostri. […] Ho fatto l’esame dei nostri emendamenti e di questi l’emendamento Marcucci ne elimina la metaÌ. Immagino che cioÌ accada anche per gli emendamenti di tutti i Gruppi. Noi vo- teremo la legge in tutti i suoi articoli, compreso l’art.5 (quello sulla stepchild). E se qualcuno chiederaÌ il voto segreto, voteremo a voto segreto”.
Alla fine dell’intervento di Zanda dunque, eravamo nella seguente condizione: avevamo circa 500 emendamenti della Lega Nord e 60 emendamenti del Pd, piuÌ alcuni di altri Gruppi, con oltre 100 richieste di voto segreto; procedevamo senza relatore e senza i pareri del governo.
Bollettino del mare: burrasca in corso!
Mancavano 20 minuti alle 19 quando il senatore di M5S Alberto Airola prese la parola per annunciare che i grillini non avrebbero votato l’emendamento Marcucci.
Rimando allo stenografico della seduta per tutte le frasi pronunciate e tutti gli errori grammaticali e di sintassi.
Ricordo solo questa: “Quindi io mi trovo nella posizione di dovervi dire: andiamo avanti con 500 emendamenti. Emendamenti palesi, assumetevi le vostre responsabilitaÌ una volta per tutti davanti al Paese! Dite alla gente che aspetta questi diritti “Frocio non ce li avrai” oppure “Sei un cittadino uguale a me” in modo palese. Io non me la sento di costringere il mio Gruppo, percheì non ne avrei neanche il potere”.
Parole pesantissime che segnavano il tradimento definitivo dei M5S.
I Giuda parlamentari avevano davvero deciso di provare a uccidere la legge.L’aula era in ebollizione, i 5 Stelle sventolavano cartelli con scritto “Votiamo! Votiamo!” Tutti i medievali e i cattodem gioivano e parlottavano in vari capannelli, io restavo seduta al banco della Commissione nel mezzo dell’Aula.
Ero atterrita, volevo chiamare Esterino ma non potevo poichè ero sotto gli occhi di tutti. Fuori dall’Aula, nel nostro piccolo Transatlantico, c’erano tanti giornalisti, ma anche amici e rappresentanti delle associazioni. C’erano Franco Grillini, Flavio Romani, qualcuno di Famiglie Arcobaleno. E poi gli amici del Cirincerchio con i rappresentanti del Mario Mieli e del Gay Center di Roma. In tanti erano nel Palazzo e fuori per seguire i lavori di quella che pensavano fosse la settimana finale per ottenere la legge.
Non riuscivo a rispondere a tutti messaggi e alle telefonate che ricevevo, dicevo solo: “Per sapere quali cose pazzesche stanno accadendo seguite lo streaming sul sito del Senato!”Vari cori con cartelli risuonavano in aula, la Lega e il M5s chiedevano a gran voce di votare. Strana coincidenza!
Il Presidente, su richiesta di Calderoli, in assenza di unanimitaÌ, mise ai voti la proposta di sospendere l’esame del provvedimento. Si approvò la sospensione. E il presidente disse: “Il Senato torneraÌ a riunirsi domani alle 9.30 in seduta pubblica”.L’Aula si svuotò lentamente, rimasi a parlare con Sergio e Beppe, decidemmo che solo Zanda avrebbe parlato con i giornalisti, quindi uscii da una uscita laterale per non incontrare nessuno.
Quella sera tutti i telegiornali e le testate online raccontavano l’accaduto, con titoli piuÌ o meno analoghi “Voltafaccia dei 5 stelle”, “Tradimento 5 stelle su unioni civili”, “Retromarcia M5s, ora la legge eÌ a rischio”.
Prima di uscire dal Senato, mi fermai a parlare con Andrea Marcucci. “I grillini si assumeranno una responsabilitaÌ pesantissima”, disse.
Lo interruppi e gli parlai sulla voce: “SiÌ, Andrea, ma se la assumeranno anche i cattodem e Alfano che, pur avendo vari ministri e sottosegretari, si permette un comportamento cosiÌ scorretto e sleale!”. Non mi smentiÌ.
Convenimmo, tristemente, che le soluzioni possibili ormai erano rimaste solo tre, ovvie e drammatiche:
– andare comunque al voto per inchiodare M5s alle sue nefaste responsabilitaÌ,
– votare il premissivo/canguro spacchettato
– oppure ritirarlo.
Molti colleghi mi dissero frasi di conforto e sostegno, tutte orientate al “non mollare, noi non molliamo!”
Mi venne riferito cioÌ che poi lessi la mattina dopo sul Corriere della Sera. Alberto Airola “saltellante” riferiva ai cronisti: “Siamo nelle vostre mani, mi ha detto il sotto- segretario Ivan Scalfarotto. Capito? Ma che frase eÌ? Ma si fa cosiÌ la politica?” E poi: “La veritaÌ? Ci siamo parlati nel gruppo M5S e abbiamo ,capito che il “super canguro” ideato dal senatore Marcucci, altro non eÌ che un piccolo, meschino, volgare trucchetto incostituzionale…”
Un trucchetto incostituzionale? Ma come eÌ possibile cambiare idea cosiÌ nel giro di poche ore?
La lettura dei giornali la mattina seguente mi fece capire meglio molte cose. Uno dei pezzi piuÌ interessanti era su La Stampa, un retroscena a firma di Francesco Maesano: “Per tutta la scorsa settimana Casaleggio aveva fatto capire in ogni modo che quella legge, con dentro la stepchild adoption, farebbe perdere al Movimento piuÌ voti di quanti non ne garantirebbe. Peggio, il siÌ incondizionato alla legge rischia di essere repulsivo verso l’elettorato di centrodestra, in libera uscita da forze politiche ormai logore, che rappresenta il vero ba-cino di pesca dove il diarca milanese dei Cinquestelle vuole condurre la sua creatura politica alle prossime amministrative”.
Ricordo, come se fosse adesso, la rabbia e il disgusto che provai quando il senatore Airola concluse il suo intervento e vidi il senatore Quagliarello alzarsi dal suo banco per andare verso di lui a stringergli la mano. Un gesto plateale che notammo in tanti.
Il mio sguardo incrocioÌ quello di Zanda, che in serata mi disse: “Il gesto di Quagliarello eÌ la prova che i conservatori, quelli che tu chiami medievali – e sai che io non voglio – e i pentastellati sono alleati. Pensaci bene, non si sono solo stretti la mano, hanno detto in Aula le stesse cose, si sono completati tra loro percheì hanno lo stesso intento, affossare la legge, tutta la legge, non solo l’adozione co-parentale”.
Dalla lettura dei giornali, comunque, veniva fuori con chiarezza anche la grande responsabilitaÌ dei catto-dem, contrari al voto dell’emendamento premissivo. Il gruppo interno al Pd, guidato dalla senatrice Di Giorgi era certamente il piuÌ felice per il tradimento dei 5 Stelle, tradimento che li faceva tornare centrali per via dei numeri. Quasi tutti i cattodem (La Stampa 17/02/2016) “sono di rito renziano doc e sul loro convincimento a votare il “canguro” lavoravano Lotti e Guerini […]
Su questo punto, molto chiara fu l’analisi di Massimo Franco nel suo commento sul Corriere della Sera del 17/02/2016: “Caricare la responsabilitaÌ solo su M5s sarebbe ingiusto. Il nervosismo che si respira nel gruppo del Pd eÌ vistoso. E in aggiunta si percepiscono i risentimenti di alcuni renziani storici verso un premier dal quale, a torto o a ragione, si sentono trascurati”.
Matteo Renzi era in Argentina ma il giorno seguente sarebbe stato in Senato alle 15.30 per riferire sull’imminente Consiglio d’Europa. Il retro- scena di Repubblica (Cuzzocrea-De Marchis, 17/02/2016) spiegava che “dall’Argentina Renzi si tiene in contatto con Luca Lotti che eÌ piazzato alle spalle dell’emiciclo del Senato e ferma i senatori per sondarne gli umori”. La linea eÌ quella data dal premier: “andare dritti, votare l’emendamento Marcucci, contare i voti contrari di M5S, questo siÌ gli farebbe pagare un prezzo politico altissimo. Per questo per tutta la notte Lotti e Zanda hanno lavorato sui numeri, cercando defezioni nel gruppo dei cattodem, sollecitando la libertaÌ di coscienza dei parlamentari di Forza Italia, chiedendo a Denis Verdini di compattare la sua truppa”.
Non avevamo perso le speranze su un possibile voto del “canguro”. La seduta di mercolediÌ 17 febbraio si apriÌ alle 9.30. Chiese subito la parola Luigi Zanda. “Il Partito Democratico – esordiÌ – continua a pensare che in questa legislatura sia possibile, anzi necessario, fare una buona legge sulle unioni civili, pensiamo che questo traguardo sia alla nostra portata. Ieri in quest’Aula abbiamo registrato un fatto politico nuovo, percheì un Gruppo che era favorevole, a causa di volontaÌ esterne e private, ad un iter parlamentare che era stato prefissato, improvvisamente, ha cambiato opinione. E questa condizione muta, naturalmente, i passaggi dell’Aula che ci aspettano per il prossimo futuro. Pensiamo, quindi, che sia necessario per chi vuole questa legge – e noi la vogliamo fortemente – un lavoro di riflessione per riannodare i fili politici. Un lavoro di riflessione per individuare i percorsi che possano consentire di prose- guire, in modo anche ordinato, i lavori dell’Aula. Chiedo quindi la convocazione dei capigruppo”.
Subito dopo Calderoli chiese, rivolgendosi nuova- mente al presidente Grasso, che l’emendamento Marcucci fosse dichiarato inammissibile. “Signor Presidente – proseguiÌ – stiamo parlando di una cosa importante. Negli articoli 3 e 5 ci sono di mezzo i bambini, che non c’entrano niente con queste cose. Non vorrei che arrivassimo al paradosso, lo dico con tutta la stima che nutro nei confronti dell’interessata, di avere una legge scritta da un’animalista e approvata con il canguro. Questo sarebbe proprio il massimo! Saremo infatti di fronte non alla stepchild adoption, ma alla stepkangoor adoption ovvero alla children sold”.Ero davvero stanca di ricevere insulti. Insulti personali che avevano l’intento di sminuire il mio lavoro, di descriverlo come superficiale e poco approfondito. Neì Calderoli, neì i cattodem, neì Airola potranno mai capire che per me, e molti altri, non eÌ negativo essere definiti “animalisti”, eÌ, piuttosto, una medaglia che qualifica una scelta di vita.
Prese la parola il capogruppo di Forza Italia e sveloÌ un altro particolare importante: “I famosi emendamenti della Lega Nord, che Zanda definisce cangurini – disse – sono proposte in cui si dice semplicemente che la legge entreraÌ in vigore successivamente alla riforma degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. E’ già avvenuto che l’Assemblea decidesse che l’entrata in vigore di una legge venisse posposta ad un’altra legge”. Concluse auspicando che la conferenza dei capigruppo valutasse anche l’ipotesi del ritorno in Commissione.
Le stavano studiando davvero tutte: ora pure l’entrata in vigore posticipata o il ritorno in Commissione, che equivaleva a tornare in un pantano dal quale eravamo usciti a caro prezzo e nel quale saremmo certamente affondati.
Stavano provando a scavare la fossa, quella definitiva, alla legge. Molto, forse tutto, sarebbe stato deciso nella riunione dei capigruppo che fu immediatamente con- vocata e duroÌ ben due ore, dalle 10.30 alle 12.30.
Durante la riunione dei capigruppo tutti i pompieri erano al lavoro. Guerini, Lotti, Boschi e Orlando. Matteo Renzi stava per atterrare a Fiumicino proveniente da Buenos Aires.
Eravamo ormai davanti a un bivio: fare un accordo con Alfano e i cattodem – rinunciando alla adozione coparentale ma salvando per intero tutti gli altri contenuti della legge – oppure mantenere il premissivo Marcucci, offrendo, peroÌ, piuÌ corpose garanzie ai cattodem, pur di garantirci i loro voti. Pur sa- pendo di andare apertamente contro Renzi la falange cattodem, guidata dalla senatrice Di Giorgi, alzava continuamente il prezzo: ora non discutevano piuÌ solo sul “se concedere l’adozione del figlio del partner”, ma anche “sul come concederla”.
Il verbo concedere mi fa orrore. I diritti non si concedono, si riconoscono e basta. Perchè, ripeto, il contrario della parola discriminazione eÌ uguaglianza. Il “se e come”, i paletti dei cattodem e di tutti gli ultra-cattolici presenti in Senato in modo trasversale, rimbalzava nella mia testa e cozzava contro le immagini piuÌ care che conservavo nella mia memoria, quelle del maggio precedente alla festa di Famiglie Arcobaleno a Salerno.Solo chi eÌ ideologicamente contrario alla genitorialità per le coppie same-sex e ragiona attraverso pregiudizi culturali e religiosi, puoÌ negare una realtaÌ, ormai, ampiamente affermata dalla magistratura: le coppie di due papaÌ o di due mamme sono famiglie e garantiscono pienamente il benessere dei loro figli che amano, tutelano, educano e proteggono.
La capigruppo durava a lungo, avevo bisogno di un caffeÌ e decisi di uscire dall’Aula ovviamente, incappai in una nuvola di giornalisti.
“Senatrice, un momento, solo una domanda: qui in Transatlantico in molti la accusano di aver spinto la maggioranza contro gli scogli, di aver giocato in proprio senza ascoltare i consigli di chi chiedeva l’accordo in maggioranza, piuttosto che rischiare con i 5 Stelle”.
Mi guardai intorno: non c’era l’ufficio stampa, che chiamo affettuosamente Kgb, nessuno poteva venirmi in aiuto. A quel punto decisi di non sottrarmi e di parlare in modo chiaro, dicendo la veritaÌ.
“L’ultima versione del disegno di legge sulle unioni civili – spiegai – lo abbiamo scritto io, Giorgio Tonini e Beppe Lumia nella stanza di Tonini, per rispettare la scadenza del 15 ottobre voluta da Matteo Renzi. E questa versione rappresenta l’accordo raggiunto nel Pd sulla materia, era nel totale rispetto del programma di governo. Altri accordi avrebbero svenduto dei diritti e questo non è possibile. Ripeto: l’accordo nel Pd e il programma di governo sul tema sono contenuti nel testo redatto da me Tonini e Lumia. Purtroppo non è più questo provvedimento la vera materia del contendere percheì si sono aggiunte questioni politiche pesantissime”.
“E cosa risponde a chi l’accusa di aver privilegiato incautamente l’accordo con i 5 Stelle?”, mi incalzarono. “Lo so che ho sbagliato a fidarmi del Movimento 5 Stelle e pagherò per questo – risposi perentoria – Mi prendo la mia responsabilitaÌ.”L’aula riprese alle 12.30 , il Presidente comunicò Ì che la discussione sulle unioni civili sarebbe ripresa nella settimana seguente, dopo il voto di fiducia sul decreto Milleproroghe. Di unioni civili si riparlava giovediÌ 25 febbraio.
Come? Era presto per saperlo, c’erano 8 giorni di tempo per trattare e decidere. I giornali avrebbero scritto fiumi di inchiostro e nei tanti talk show avremmo sentito tutto e il contrario di tutto!
C’era però ancora aperta una grave questione procedurale: l’Aula sospendeva di 8 giorni il lavoro sulle unioni civili, ma ancora, ufficialmente, non erano state dichiarate dalla Presidenza neì le inammissibilitaÌ, neì le incompatibilià sugli emendamenti.
Sarebbero stati 8 giorni lunghi, molto lunghi. Con tanti nodi da sciogliere, tante angosce da sedare, ancora scogli da evitare. Di certo non eravamo usciti dalla tempesta perfetta. Restavamo peroÌ caparbiamente fermi a tracciare una nuova rotta, nonostante i marosi e le onde che si abbattevano sul ponte della nostra preziosa e, in quel momento, quanto mai fragile Arca.